Gli effetti a lungo termine del COVID-19 sulla funzione cognitiva sono diventati un’area di crescente preoccupazione. Questo articolo fornisce una panoramica delle caratteristiche, dei fattori di rischio, dei possibili meccanismi e delle strategie di gestione della disfunzione cognitiva nella condizione post-COVID-19 (PCC).
La disfunzione cognitiva prolungata è uno dei disturbi più comuni nella condizione post-COVID-19 (PCC), che colpisce tra il 17% e il 28% degli individui più di 12 settimane dopo l’infezione e persiste in alcuni casi per diversi anni.
Le disfunzioni cognitive possono manifestarsi come un’ampia gamma di sintomi tra cui disturbi della memoria, deficit di attenzione, disfunzioni esecutive e ridotta velocità di elaborazione .
I fattori di rischio per lo sviluppo del PCC, con o senza deterioramento cognitivo, comprendono l’età avanzata, condizioni mediche preesistenti e la gravità della malattia acuta. I meccanismi sottostanti rimangono poco chiari, ma i contributori proposti includono neuroinfiammazione, ipossia, danno vascolare e riattivazione del virus latente, senza escludere la possibilità di un’invasione virale diretta del sistema nervoso centrale, illustrando una patologia virale complessa.
Sintomi cognitivi
Le funzioni di attenzione consentono la capacità di elaborare informazioni dal nostro ambiente e sono considerate di natura gerarchica. L’attenzione focalizzata e l’attenzione sostenuta sono considerate funzioni attenzionali fondamentali. Livelli più elevati di attenzione dipendono dalle funzioni esecutive e comprendono l’attenzione alternata, selettiva e divisa. Nonostante il nome, anche la memoria di lavoro è considerata una funzione dell’attenzione e svolge un ruolo importante nella codifica della memoria e nel recupero delle informazioni archiviate nella memoria a lungo termine.
Poiché le funzioni di attenzione fungono da processi cognitivi fondamentali e da sottosistemi per altre funzioni cognitive, sono cruciali per la gestione della nostra vita quotidiana. Le funzioni di attenzione compromesse, anche in caso di disabilità lieve, influenzano direttamente le prestazioni sia nelle attività quotidiane che nella vita lavorativa.
Le funzioni di attenzione sono spesso associate alla velocità di elaborazione. Da una prospettiva neuroanatomica, il talamo svolge un ruolo cruciale come hub per le reti che supportano i processi legati all’attenzione, all’elaborazione delle informazioni, alla memoria e alle funzioni esecutive. Tuttavia, gli studi condotti fino ad oggi sul COVID-19 non hanno determinato quale delle funzioni di attenzione sia maggiormente colpita nella PCC, né in che misura altre disfunzioni cognitive siano indipendenti o legate a funzioni di attenzione ridotte. .
I disturbi dell’attenzione, della memoria di lavoro e delle funzioni esecutive hanno spesso effetti collaterali sui test che valutano la codifica e il recupero della memoria. Di conseguenza, la memoria episodica può essere indirettamente influenzata dal tipo di danno neurologico causato dalle malattie virali, principalmente attraverso la riduzione dell’attenzione e della velocità di elaborazione necessaria per la codifica. Nell’ambito del PCC non è ancora del tutto stabilito se i risultati osservati nei test di memoria siano dovuti a difficoltà primarie nell’immagazzinamento della memoria o se siano effetti secondari derivanti da un deterioramento dell’attenzione e/o della memoria lavorativa.
Fatica
L’affaticamento è un sintomo importante sia nel COVID-19 acuto che nel PCC. I tassi di prevalenza dell’affaticamento post-COVID variano tra il 32% e il 46% in diversi studi e nella meta-analisi dei follow-up a 1 anno tra il 18% e il 39%. Tuttavia, l’affaticamento è un sintomo multifattoriale e vagamente definito, presente in varie condizioni, tra cui disturbi neurologici, dolore cronico e depressione. L’affaticamento post-infettivo è stato segnalato anche dopo altre epidemie virali.
Nella maggior parte degli studi, l’affaticamento viene segnalato soggettivamente utilizzando scale di autovalutazione progettate per catturare un basso livello di energia che non è proporzionale al livello di attività dell’individuo e non viene alleviato dal normale riposo o dal sonno. Attualmente non esiste una scala di fatica convalidata specifica per l’affaticamento post-COVID.
Poiché il COVID-19 è una condizione nuova, non è evidente se l’affaticamento sperimentato nel PCC sia equivalente e condivida gli stessi meccanismi sottostanti dell’affaticamento nelle condizioni neurologiche. In condizioni neurologiche, la diminuzione dell’attenzione, la diminuzione della velocità di elaborazione e l’affaticamento sono stati collegati all’esperienza della fatica, ma hanno anche mostrato correlazioni significative con la depressione e i disturbi del sonno.
Approccio
Poiché la variazione individuale dei disturbi cognitivi è ampia, sono necessari un esame neuropsicologico e un approccio multidimensionale centrato sulla persona. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, le prove limitate sui disturbi cognitivi legati al COVID-19 richiedono l’implementazione di interventi riabilitativi basati su pratiche consolidate per condizioni simili.
Si raccomanda la psicoeducazione e la formazione sulle abilità compensative. Possono essere utili prodotti assistivi e modifiche ambientali adattate alle esigenze individuali.
Nelle disfunzioni specifiche dell’attenzione e della memoria di lavoro, l’allenamento cognitivo (attentamente controllato in termini di intensità) potrebbe essere efficace per le persone che non soffrono di malessere post-sforzo.
Ulteriori ricerche sono cruciali per interventi basati sull’evidenza specifici per i disturbi cognitivi legati al COVID-19.
Conclusioni La disfunzione cognitiva prolungata è un disturbo comune che colpisce le persone con PCC. I fattori di rischio per il PCC comprendono generalmente il sesso femminile, l’età, le condizioni mediche preesistenti e la gravità della malattia acuta. I meccanismi proposti che contribuiscono al PCC e ai disturbi cognitivi includono neuroinfiammazione, ipossia, danno vascolare, riattivazione virale latente e invasione virale diretta del sistema nervoso centrale. La gestione della disfunzione cognitiva nel PCC richiede un approccio multidimensionale che includa l’esame neuropsicologico e la riabilitazione individualizzata. Sebbene le prove specifiche dei disturbi cognitivi legati al COVID-19 siano limitate, gli interventi possono essere implementati sulla base di pratiche consolidate per altre condizioni neurologiche. L’OMS raccomanda istruzione, formazione professionale, esercizi cognitivi, ausili e modifiche ambientali. L’allenamento funzionale con attento controllo dell’intensità è consigliato alle persone che non soffrono di PEM. Ulteriori ricerche sono essenziali per interventi basati sull’evidenza specifici per i disturbi cognitivi legati al COVID-19. |